Le notizie estere non interessano agli italiani?

“I 200 lavoratori morti per un incidente in India non valgono sui giornali quanto cinque morti in Europa o un morto nella tua città”: quando alla fine degli anni ’80, da autodidatta,mi stavo formando sulle tecniche del giornalismo questo era un discorso che ritornava, a volte con numeri e paesi presi ad esempio diversi, nei discorsi dei vari saggisti e giornalisti. Era un discorso condiviso sia da chi non metteva mai in dubbio i criteri di notiziabilità e la logica dei media (“E’ quella e che altro si può fare?”) sia da chi invece proponeva meno conformismo professionale (tutto è modificabile, solo la morte non lo è).

sergio_turone
Accanto a questo discorso c’era quello relativo al potere delle grandi agenzie stampa internazionali che avevano la possibilità di decidere cosa doveva approdare sulle pagine dei giornali o dei telegiornali e cosa no; naturalmente i criteri di selezione erano rigorosamente filo-occidentali o comunque sensibili alle notizie provenienti dei paesi sviluppati. In questi ultimi 25 anni le carte in tavola, sul tavolo mediatico, sono cambiate per via dei nuovi equilibri mondiali e dell’avvento delle tecnologie digitali.
Quello che però rimane, nonostante le fonti informative, di base e istituzionali, si siano moltiplicate in ogni angolo del pianeta, è la scarsa attenzione in Italia, nei media istituzionali italiani, per tutto ciò che è fuori dall’Italia (e dell’Europa) e il privilegiare i fatti italiani soprattutto quelli riguardanti la politica e la cronaca spicciola.
Chi lavora nel campo dell’informazione e la cooperazione internazionale ne è ben consapevole perché molte delle cose che vorrebbe far veicolare sui media mainstreaming solo raramente (molto raramente) approdano e vengono pubblicati. Oltre allo spazio ridotto che offrono i media tradizionali sui temi della cooperazione, un altro motivo di questa difficoltà ad accedere dipende anche da altri valori notizia quali l’attualità e la presenza di un evento concreto o per lo meno di una storia con un inizio e una fine. Ma per chi scrive e racconta di cooperazione l’attualità non è un valore assoluto; anche gli eventi hanno una loro importanza, certo, ma non sono sempre definibili, per lo meno in uno spazio temporale breve; molto spesso in cooperazione si parla di processi e il problema allora è: come raccontarli? e come farli diventare appetibili anche per i media mainstreaming?
Uno può porsi, giustamente, la domanda se l’approdo ai media generalisti sia così importante oggi (ma questo è un altro discorso).
Ma torniamo alle notizie estere, e parliamo, purtroppo, di morti e rapimenti. La tragedia del ferry boat affondato vicino alle coste della Corea del Sud è stato raccontato nei minimi dettagli dai media di tutto il mondo mentre una tragedia come quella del rapimento di 200 ragazzine catturate dal gruppo terrorista Boko Haram in Nigeria non è stato trattato in modo adeguato. La Corea del sud ha relazioni più strette con l’occidente, è una potenza economica e lei stessa ha potuto coprire con i suoi mezzi d’informazione la tragedia. Non è così per la Nigeria che, come osserva l’articolista del  The Guardian, Anne Perkins, è un paese di cui conosciamo poco, “… e le giovani studentesse sono svanite nel buio di un mondo pericoloso”. Eppure la reazione dei famigliari c’è stata, potente e disperata, ma pochi giornalisti se ne sono accorti.

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