0

L’infanzia negata nel mondo

child_labour_in_brick_kilns_of_nepalDiminuisce lo sfruttamento minorile sul lavoro ma rimangono varie forme di vero e proprio schiavismo

(articolo pubblicato sulla rivista Amici di Follereau – nov- dic. 2018)

Ci sono bambini e adolescenti che non vivono come dovrebbero, ovvero giocando, studiando, disponendo del loro tempo libero ma che sono costretti a lavorare per molte ore al giorno in condizioni difficili, se non pericolose. Per altri va ancora peggio, perché vengono sfruttati sessualmente o sono costretti a combattere e a uccidere. Spesso non ce ne rendiamo conto dell’enormità del problema, ma nel mondo si calcola che siano circa 10 milioni i minori schiavizzati e 160 milioni quelli sfruttati sul lavoro, minori che, se sopravvivranno, diventeranno degli adulti difficili e disperati. Non sono solo delle persone senza scrupoli a sfruttare i bambini, spesso sono le stesse famiglie disagiate a perpetuare questa catena, mandando i loro bambini al lavoro, non capendo che in questo modo li si condanna a un futuro senza prospettive.

Nel 2014 il premio Nobel per la pace venne assegnato a Malala Yousafzai e a Kailash Satyarthi, due attivisti, la prima in Pakistan e il secondo in India che si erano battuti per l’educazione e la salvaguardia dei bambini nei rispettivi paesi e da allora, anche se si tratta solo di pochi anni, dei progressi ne sono stati fatti, ma non abbastanza per cancellare una delle forme di ingiustizia più gravi di cui soffra l’umanità. Del resto anche l’Obiettivo n 8 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile parla espressamente nel target 8.7 di eliminazione del lavoro minorile in ogni sua forma, sottolineando in questo modo la gravità del problema.

Lavoro minorile e schiavitù minorile
In questi ultimi 18 anni di progressi ne sono stati fatti: nel 2000 si stimavano 246 milioni di minori sfruttati contro i 160 milioni di oggi, una diminuzione notevole. La maggior parte di questi vivono in Asia, nelle regioni del Pacifico e in Africa (continente dove un bambino su cinque lavora). Secondo l’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) che ha anche un programma specificatamente dedicato al problema (Programme for the Elimination of Child Labour – IPEC), sono circa 78 milioni i minori sfruttati in Asia e nel Pacifico, mentre i minori dell’Africa sub sahariana sono i più esposti a lavori pericolosi. Ma dove lavorano questi ragazzi? Soprattutto nel settore agricolo, poi in quello minerario, nella pesca, nel lavoro domestico e nei negozi.
Se invece consideriamo i bambini in condizione di vera e propria schiavitù e non semplicemente in termini di sfruttamento di lavoro minorile allora i numeri cambiano: nel mondo sono circa 10 milioni i bambini trattati come schiavi e in questa categoria rientrano quelli sfruttati sessualmente, usati come soldati e quelli che vengono sfruttati per un guadagno che va completamente ad altri e addirittura vengono incatenati alle loro macchine di lavoro o picchiati se non scendono in miniera.

Quanto è buono il cioccolato
I settori dove i bambini sono sfruttati sono diversi ma alcuni, dato il numero dei minori coinvolti, sono arrivati per fortuna sotto il riflettore dell’opinione pubblica. È il caso del settore dell’estrazione della mica, un minerale utilizzato dalle aziende cosmetiche per la produzione di ombretti. La maggior parte di questo minerale viene estratto da bambini minatori nelle miniere (molte di queste sono completamente illegali) negli stati del Bihar, Jharkhand e Rajasthan nel nord est dell’India. Questi bambini, anche al di sotto dei 12 anni, respirano polveri dannose per i loro polmoni tutto il giorno e possono essere morsi da scorpioni e serpenti diffusi nella zona. Vengono pagati 62 centesimi per ogni chilo di mica che a sua volta viene venduta all’estero con valutazioni molto differenti ma che raggiungono in alcuni casi i 1000 dollari al chilo.
Al cioccolato facciamo fatica a resistere, in particolare noi europei che ne consumiamo da soli quasi la metà della produzione mondiale. Fanno fatica anche i 2,1 milioni di bambini dell’Africa dell’ovest, soprattutto negli Stati della Costa D’Avorio e del Ghana, che raccolgono per 0,78 dollari al giorno i preziosi semi; secondo Fairtrade, l’organizzazione internazionale non profit responsabile del Marchio di Certificazione del commercio equo-solidale, il compenso giusto giornaliero sarebbe di 2,1 dollari, esattamente il triplo.
Particolarmente grave è la situazione nel Turkmenistan dove le autorità forzano la popolazione, anche i minori, a lavorare nelle piantagioni di cotone, settore dove il paese centro-asiatico è il settimo esportatore mondiale. Stessa situazione di gravità si presenta in Thailandia nel settore della pesca dove il paese del sud est asiatico è il quarto esportatore nel mondo. In questo caso nel faticoso lavoro di pesca i minori sfruttati spesso appartengono a migranti che provengono dalla Cambogia o dal Myanmar.
Per fermare questo sfruttamento è necessario anche il coinvolgimento delle aziende che importano. Un elemento positivo è che le ditte sono sempre più sensibili alle richieste di equità e giustizia sociale manifestate dai consumatori del nord del mondo.

Giocare alla guerra
Purtroppo non è quello che fanno migliaia di bambini coinvolti contro la loro volontà nei conflitti armati. Secondo l’ultimo rapporto dell’ONU (2017) vi sono 56 gruppi armati e sette eserciti regolari che usano i minori nonostante l’accordo internazionale entrato in vigore nel 2002 che vieta l’uso dei bambini soldato. Secondo l’organizzazione Child Soldiers International, il tema sembra essere diventato meno importante nell’agenda internazionale dato che solo lo 0,6% del fondi di aiuto allo sviluppo vengono impiegati per riportare a una vita normale i bambini soldato.
Nel 2017 sono stati registrati 3000 casi di bambini soldato nella Repubblica Democratica del Congo e 19 mila nel Sud Sudan, mentre nel Medio Oriente ma anche in Somalia il loro numero è raddoppiato.
Il copione è sempre lo stesso, i bambini/adolescenti vengono rapiti, strappati dalle loro famiglie e utilizzati come soldati perché obbediscono più docilmente. Molti di loro muoiono nei conflitti e nel caso delle femmine capita anche che vengano sfruttate sessualmente dai capi militari.

I turisti del sesso

E’ molto difficile avere dei dati a proposito dello sfruttamento sessuale dei minori nel mondo; si stima che solo nel 2016 i minori vittime del fenomeno della prostituzione o della pornografia – le due modalità in cui si articola il tragico fenomeno – sono stati circa 1 milione, altre fonti come l’UNICEF parlano invece di 2 milioni. I minori che vivono in famiglie molto povere e soprattutto quelli che vivono in strada sono i più esposti al fenomeno della prostituzione; l’UNICEF stima che nel solo Brasile siano 250 mila i minori che si prostituiscono.
In generale sono i minori indifesi quelli più esposti; In Italia ad esempio il fenomeno dei minori migranti non accompagnati ha portato a un aumento dei casi di sfruttamento sessuale di minori sul nostro territorio. Tra le frontiere degli Stati europei si va diffondendo il cosiddetto survival sex, ovvero il fenomeno delle ragazzine migranti che si prostituiscono per pagare i passeur che le fanno poi espatriare.
Il fenomeno del turismo sessuale minorile è in crescita ovunque e si calcola che siano circa tre milioni le persone che viaggiano a questo scopo. Purtroppo i clienti italiani sono i più numerosi al mondo a cui seguono Francia, Germania, Regno Unito, Cina e Giappone. In Italia si parla di 80 mila persone che ogni anno partono per fare turismo sessuale; le mete preferite sono il Brasile, la Repubblica Domenicana, Colombia, Thailandia e Cambogia.

Mohammad raccoglie la mica
Ecco la testimonianza di Mohammad Manan Ansari, un ragazzo di 14 anni abitante nel Jharkhand, stato nell’India nord orientale, e che ora grazie all’intervento di un’ ONG indiana ha ripreso gli studi ed è diventato un attivista.
“Ho iniziato a lavorare a 8 anni nelle miniere di mica del distretto di Koderma. Più della metà dei bambini del mio villaggio lavorano nella miniera di mica e così anche i loro parenti. I più piccoli hanno tra i 6 ed i 7 anni. Le famiglie sono in media composte da dieci persone e la maggior parte di loro trovano lavoro nella ‘khadan’, la miniera.
I minerali spesso si trovano in superficie, ma il materiale migliore è in profondità e sono soprattutto i bambini quelli che si immergono nei tunnel sotto terra per andare a recuperali. Talvolta i cunicoli crollano e così i piccoli minatori muoiono. La nostra giornata lavorativa iniziava alle 10 del mattino e sino alle 6 di sera lavoravamo nella miniera. Guadagnavamo in base alla qualità del materiale estratto.
Ora cerco di convincere i genitori dei bambini a non mandarli più in miniera ma a scuola, solo in questo modo potranno avere una vita migliore”.

Rachel schiava nel paradiso di Zanzibar
Zanzibar è un’isola meravigliosa della Tanzania, ma questo paradiso per turisti non lo è per 130 mila bambini che lavorano come schiavi nelle case dei ricchi o nelle strutture turistiche. Rachel è una di questi bambini e ora fortunatamente è inserita in un programma di recupero.
“Era maggio quando dei reclutatori sono venuti nel mio villaggio e hanno persuaso i miei a mandarmi a Zanzibar a lavorare da loro. Io ho creduto alle loro promesse, inoltre volevo anche vedere un posto nuovo e lì c’era il mare. Quando poi sono stata portata a Zanzibar, lì è iniziato l’inferno. Lavoravo dall’alba al tramonto, alla minima infrazione venivo picchiata, non ero neppure pagata e una volta per punizione mi hanno chiusa in una latrina per 11 ore.
Il mio capo mi ha chiesto un giorno se lo amavo. Poi mi ha fatto sedere sulle sue gambe e mi ha baciato e dopo mi ha portata in una stanza. Eravamo soli. Ha chiuso la porta e mi ha detto di non avere paura. Questo è successo più volte”.

Piccoli schiavi invisibili in Italia
“Save the children” ha pubblicato nel luglio del 2018 un rapporto sui minori vittime di tratta e sfruttamento dove emerge che nel 2017 sono andate sotto protezione 196 ragazze e 4 ragazzi. Il 46% di loro era sfruttato sessualmente (soprattutto ragazze nigeriane tra i 16 e i 17 anni). Le regioni italiane più interessate al fenomeno sono la Sicilia, la Campania e il Veneto.
Di dati precisi però non ce ne sono e per far un po’ di luce sul fenomeno occorre aggregare più fonti. Ad esempio un monitoraggio effettuato da una rete di organizzazioni nell’ottobre del 2017 in un’unica notte di rilevazione, ha censito la presenza in strada di 5.005 vittime, di cui 4.794 adulti e 211 minori, registrando un incremento del 53% a fronte della precedente rilevazione effettuata a maggio dello stesso anno.
Una recente indagine di OIM (Organizzazione Internazionale per la Migrazione) ha stabilito che il numero delle possibili vittime di tratta a scopo sessuale sia aumentato negli ultimi tre anni del 600%. Questo aumento riguarda soprattutto le ragazze, spesso minorenni, che provengono dalla Nigeria il cui numero in Italia è passato da 1.500 nel 2014 a oltre 11.000 nel 2016.