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Cambiamento climatico, spreco, sviluppo ineguale porteranno sempre più a crisi tra le nazioni per aver accesso all’acqua

Articolo pubblicato su Amici di Follereau settembre /2018

acqua-gocciaLa comunità scientifica mondiale ha identificato una nuova era geologica che ha chiamato antropocene; è un periodo geologico temporalmente molto limitato rispetto ai 4,6 miliardi di anni di storia del nostro pianeta ma è decisivo comunque per la sua sorte. Questo periodo è caratterizzato dall’influenza della specie umana sul pianeta, influenza negativa. Un esempio lampante è rappresentato dal riflesso che inquinamento atmosferico ed eccessivo sfruttamento hanno su una vitale risorsa del nostro pianeta, l’acqua.

Il cambiamento climatico, che ha cause essenzialmente dovute all’uomo, ha come conseguenza la desertificazione di alcune parti del pianeta e dall’altra dei fenomeni atmosferici eccessivi cui non eravamo abituati (temperature troppo alte o troppo basse, piogge o nevicate fuori norma). Sono fenomeni che riguardano anche l’Italia visto che si parla della progressiva desertificazione delle regioni del nostro sud.

Vi sono altri motivi per cui l’acqua sta diventando una risorsa sempre più preziosa. L’intenso uso dell’acqua per produrre energia (nelle estrazioni di carbone, gas, nelle centrali nucleari…), il suo uso nell’agricoltura che deve produrre sempre di più, ma anche lo spreco dell’acqua che avviene in mille modi, dagli acquedotti bucati all’uso scorretto quotidiano che ne facciamo: tutto questo insieme di cause fa si che l’acqua acquisti sempre più un’importanza economica che contrappone poteri forti. Questi poteri possono scontrarsi e, se non trovano una mediazione, possono arrivare anche a conflitti violenti. Si dice che le prossime guerre non saranno più per il petrolio ma per l’acqua.
Su questo fenomeno abbiamo intervistato Marirosa Iannelli, specializzata in cooperazione internazionale e water management e autrice, assieme a Emanuele Bompan del libro “Watergrabbing: le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo” (Emi, 2018).

Spesso si dà la colpa alla mancanza di acqua al surriscaldamento del pianeta e al cambiamento climatico: è vero?
Il discorso del cambiamento climatico è molto attuale anche se nelle comunità scientifiche ormai se ne parla da decenni. E’ diventato più noto dopo l’accordo di Parigi del 2015 firmato da 192 paesi che si sono impegnati di limitare le emissioni di CO2 per contenere le temperature terrestri.
Oramai in alcune aree del mondo, come Il Corno d’Africa e parte del Sudan, abbiamo avuto la prova tangibile dell’esistenza del cambiamento climatico. Anche in Italia la scorsa estate abbiamo vissuto una situazione critica per l’assenza di pioggia e per le ondate di calore che ha messo in ginocchio la città di Roma. Il rovescio della medaglia sono le così dette bombe d’acqua, gli eventi meteorologici estremi. Arriveranno sempre di più anche in Europa. Nei paesi africani, asiatici e in Australia è già presente questo fenomeno, per cui si passa da anni di siccità e assenza di pioggia a mesi e mesi di piogge martellanti. In Italia non siamo ovviamente a livello africano o a livello asiatico, ma la direzione, se non si interviene è quella: stiamo avendo solo un assaggio di quello che ci aspetta.

Anche per produrre l’energia elettrica necessaria allo sviluppo economico si consuma molta acqua…
L’energia elettrica ci serve per tutto e i consumi sono elevatissimi. Acqua ed energia sono strettamente correlati e il connubio delle due è fondamentale per lo sviluppo sociale ed economico. Fino a ora abbiamo vissuto nell’era delle fonti fossili come il petrolio o il carbone che sono fortemente inquinanti. Dall’estrazione del carbone fino a finire alle centrali nucleari o alle centrali elettriche, di acqua ce n’è bisogno in grandi quantità e spesso viene rilasciata nel terreno inquinata e in molti paesi non c’è una regolamentazione sul rilascio di acqua dopo la produzione.
In Italia vogliamo rinunciare al carbone però passando dal gas e quindi stiamo distruggendo la Puglia per la costruzione di un gasdotto. Il problema da affrontare è che bisogna uscire dalle fonti fossili.
Ovviamente le energie pulite hanno un costo sicuramente maggiore e comportano anche una forte conversione sistemica. Ad esempio molti paesi dal 2025 in poi avranno solo auto elettriche in città ma questo comporta un cambio di produzione e un cambio notevole negli investimenti.

C’è poi il discorso delle dighe che se da un lato producono energia pulita dall’altro possono avere un impatto devastante sul territorio.
Si, è vero, l’idroelettrico è stato uno dei più grandi investimenti fatti negli ultimi decenni in diversi paesi. Il problema dell’idroelettrico, e quindi la costruzione di dighe, si è tradotto in scarsa valutazione di impatti ambientali e sociali nei vari territori. Abbiamo avuto delle situazioni critiche nel Sud Est Asiatico, in Brasile, in Cina… Progettare una diga non è sempre un errore ma bisogna capire come si va a depauperare il territorio o se e come ci sono delle comunità che vivono nei pressi delle fonti d’acqua.

Più sono le persone e più aumenta il consumo d’acqua a scopo alimentare: quanto invece è responsabile l’aumento della popolazione sul pianeta?
L’aumento della popolazione incide sui consumi alimentari, perché un altro grande elemento di sensibilità per quanto riguarda l’impatto idrico e il consumo idrico è il consumo alimentare. Stiamo parlando del settore agricolo ma soprattutto della produzione di carne. E un aumento della popolazione vuol dire un aumento ovvio di consumi alimentari e quindi la necessità di una gestione idrica per questi consumi diversa. Si dovrebbe di ridisegnare e ripensare i disequilibri nei consumi alimentari perché abbiamo aree del mondo dove c’è una altissima percentuale di persone obese e con problemi di sovrappeso e altre aree del mondo dove non c’è cibo. Questa è una tematica che rientra nell’ottica dei consumi e quindi all’educazione al consumo alimentare.

Cambiamento climatico, produzione di energia, produzione di cibo: quali di questi fattori, è il più responsabile della minore disponibilità di acqua nel mondo?
Di più in assoluto incide il cambiamento climatico, quindi le emissioni di CO2 ma al secondo posto io metto un fattore diverso: lo spreco, che non è tanto il consumo, ma è proprio lo spreco alimentare. Spreco di cibo che viene ovviamente prodotto in grandi quantità e disparità e anche in modalità non congrue, se si pensa alle culture più idrovore come la soia o la chinoa ad esempio, che sono due culture considerate molto sostenibili e alternative e invece non lo sono. C’è anche lo spreco negli acquedotti che trasportano l’acqua, la perdita media di acqua nella rete idrica italiana è del 41%.

Ma in generale non si potrebbe obiettare che è anche il nostro modello di sviluppo progressivo che è sbagliato, che ci porta a consumare sempre di più?
La crescita è necessaria in tantissime aree del mondo. Forse non è necessaria dove viviamo noi. Più che di riduzione dei consumi, ci dovrebbe essere un riequilibrio e una modifica di questi consumi. Chi ha abitudini alimentari o energetiche o di consumo dell’acqua sbagliate dovrebbe modificarli.

Approfondimenti

L’importanza dell’acqua per le donne
Avere acqua potabile o avere accesso ai servizi igienici direttamente a casa propria o per lo meno vicino, è un’esigenza tipicamente femminile. La donna ha alcuni momenti della sua vita in cui l’acqua diventa particolarmente importante, come il periodo pre o post parto e durante il ciclo mensile. Oltretutto per quanto riguarda quest’ultimo in molti paesi si pensa che le donne siano impure e che quindi debbano rimanere segregate in casa. Capita anche il caso che le ragazze durante il ciclo non possano andare a scuola perché non vi sono servizi igienici. E perdendo molte ore di lezione si ritrovano anche a perdere opportunità di formazione. Sono sempre le donne (anzi spesso sono le bambine) a occuparsi dell’approvvigionamento dell’acqua per le famiglie e questo le costringe a faticosi tragitti da casa al pozzo.
L’altro problema è quello invece legato alla violenza. Capitano spesso episodi di stupro nel tragitto casa-pozzo o casa-latrina, strutture che sono costruite in luoghi appartati. In conclusione riuscire a garantire l’accesso all’acqua potabile per la comunità, vuol dire anche salvaguardare la salute femminile, la salute infantile e una maggiore protezione verso i casi di violenza.

Acqua come bene comune
Il referendum del 2011 relativo alla gestione pubblica dell’acqua come bene comune è stato vinto ma non si è concretizzato in Italia. Di fatto oggi in Italia esistono quattro multi utility (Hera, A2A, Acea, Iren) che gestiscono in compartecipazione (pubblico/privato) il servizio idrico. Dal 2010 al 2016 le quattro grandi sorelle hanno realizzato utili per 3 miliardi e 257 milioni, staccando dividendi per 2 miliardi di euro e 983 milioni ai soci pubblici e anche privati.
Esiste però un movimento che vuole riportare la gestione dell’acqua in mano unicamente pubbliche. È quanto succede a Brescia che a ottobre avrà un referendum. Anche Benevento sta muovendosi nell’ottica di avere un referendum locale. Mentre Torino ha in atto il processo di rimunicipalizzazione. Napoli, invece, è stata l’unica e prima città dopo il referendum a creare l’azienda pubblica speciale.
Il referendum del 2011 ha sancito il principio che l’acqua è un bene comune e non una risorsa su cui le multinazionali possono fare profit. Non si tratta solo di un principio etico ma anche molto pragmatico perché la storia ha dimostrato che i sistemi pubblici per la gestione delle acque sono più efficienti rispetto a quelli privati che quando hanno degli utili non li reinvestono nelle strutture ma nei dividendi ai soci.

Le guerre che verranno
“L’acqua sarà più importante del petrolio in questo secolo”, così diceva Boutros Ghali, ex segretario generale dell’ONU. Ed è stato proprio l’ONU che nel 2010 ha dato parere favorevole alla Risoluzione 64/292, in cui si riconosce l’acqua come un diritto umano, riconoscimento che però fino ad oggi si basa più sulla buona volontà dei singoli governi di trovare un accordo condiviso in caso dispute. L’acqua scorre seguendo la logica della forza di gravità e non certo quella dei confini delle nazioni. Quindi possono crearsi molto situazioni in cui fiumi e laghi sono condivisi da uno o più stati. E questo può causare tensioni, soprattutto quando c’è penuria di acqua. Dal 1948 al 2017 le Nazioni Unite hanno registrato 37 incidenti politici che hanno portato a conflitti aperti legati all’acqua, mentre nello stesso periodo sono stati stipulati tra le parti 295 accordi internazionali. Nella lista dei bacini più contesi c’è il Brahmaputra che riguarda due paesi potenti e nemici, la Cina e l’India, per non parlare della gestione dell’acqua del Giordano che vede contrapposti israeliani e palestinesi (e beduini). Il cambiamento climatico, desertificando alcune zone porterà anche a fenomeni di migrazione che porteranno a loro volta a nuovi conflitti. Le zone più interessate al fenomeno sono il Medio Oriente, il Sahel, l’Africa centrale e l’Asia centrale e orientale.